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La Corniola

Da anni stiamo valorizzando questo prodotto poco conosciuto: la CORNIOLA. 
La corniola è una ciliegia selvatica dal gusto un pò asprigno ma piena di proprietà in particolare la Vitamina C.
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La corniola: il frutto dimenticato
Caratteristiche
La corniola ( cornus mas ) è un frutto rosso di piccole dimensioni ( 5-7 mm ), molto simile ad una ciliegia lunga, dal gusto particolarmente intenso, dovuto al suo medio-alto grado di acidità. La pianta del corniolo è un albero che può raggiungere le dimensioni di 8 mt, a crescita molto lenta e particolarmente esigente dal punto di vista pedo - climatico.
Accenni storici
La corniola può essere a pieno titolo considerato un frutto dimenticato. Utilizzato fin dai tempi antichi in moltissime maniere, sembra aver ormai compiuto ed esaurito il proprio ciclo. Nonostante ciò la sua storia si radica fin nelle prime epoche di civilizzazione umana. Molti accenni storici ci sono giunti riguardo alla corniola ( o al legno del suo albero, considerato tra i più duri nel mondo ): sia greci che romani utilizzavano il legno del corniole per costruire, appunto per la sua durezza, lance e frecce. Lo stesso Romolo nel 753 a.c., si dice, abbia usato il legno di un corniolo per tracciare il primo segno della nascita di Roma. Plinio il Vecchio ci riporta dello svariato utilizzo del legno di corniolo, per costruire perni di frantoi e armi da guerra; da qui la denominazione di “legno ei prodi” e della conseguente dicitura “cornus mas”, con mas che significa letteralmente maschio. Per i latini, infatti, il corniolo rappresentava la forza e la durata. Dall’altro canto in epoche precedenti, per i greci aveva significato tutt’altro, ossia la pazienza e la mitezza.
Mentre le epoche del mondo trascorrevano, la storia della corniola si è sempre più intrecciata con quella dell’uomo. Dal Medioevo in poi, il legno del corniolo ha cominciato ad essere utilizzato per i ganci dei macelli per animali; con l’età moderna, invece, l’uso prevalente fu destinato, parallelamente alla diffusione del tabacco, per la costruzione di pipe. Anche il frutto della corniola, consumato sin dai tempi antichi, era particolarmente apprezzato, soprattutto tra le classi più abbienti della popolazione. Nell’ ‘800 le genti più povere, soprattutto quelle legate alla ruralità, utilizzavano il frutto della corniola in moltissimi modi differenti. Molto spesso veniva, soprattutto nel nord Italia, consumato al posto del pomodoro, considerato ancora un ortaggio per pochi. È proprio in questo periodo che molti hanno iniziato a vedere nella corniola un frutto dalle grandi proprietà benefiche. Si diffuse l’usanza di bere un bicchiere ogni sera di bevanda allo sciroppo di corniole o di cominciare a essiccare le corniole per poterle poi consumare nei mesi successivi. Una curiosità particolarmente interessante ci è riportata dalle storie comuni dei soldati, durante la prima guerra mondiale, i quali consumavano bacche di corniole, in funzione delle loro proprietà astringenti, per prevenire o alleviare le infezioni intestinali, che oltre alla guerra stessa erano i veri flagelli della vita in trincea. Anche nella seconda guerra mondiale il consumo della corniola ci è riportato attraverso le testimonianze dei soldati e della gente comune. Testimonianze che molte volte sono ancora testimonianze dirette, visto che sono frutto dell’esperienze di genitori, nonni e persone ancora in vita. Una generazione, quella uscita esanime dalla seconda guerra mondiale, che può essere considerata l’ultima generazione, profondamente conoscitrice della corniola e delle sue proprietà benefiche. Con il boom economico degli anni ’60 e ’70, si ha una perdita pressoché repentina e immediata d’interesse nei confronti della corniola, a favore di frutti molto più produttivi. L’abbandono delle zone rurali verso le aree industriali ha, inoltre, messo la parola fine a quelle piccole tradizioni, legate ai piccoli segreti della natura. L’agricoltura di fine ‘900, con il suo nuovo approccio tecnologico e innovativo, ha portato alla ribalta tipi di colture, non più basate sul concetto di sussistenza, ma sul moderno paradigma della produttività agricola. In tutto questo cambiamento, la corniola, che di per sé è pianta poco produttiva ed estremamente esigente pedo-climaticamente, ha dovuto alzare bandiera bianca.
Il nuovo millennio ha riservato, però, una flebile speranza di riaccendere l’interesse verso questo frutto ormai dimenticato. A fianco del comparto alimentare sempre più globalizzato, dettato e guidato sempre più da aziende di macro-dimensioni, si sta sviluppando una nicchia di mercato esigente di altro, una nicchia, che spinta dall’interesse verso il variegato patrimonio enogastronomico della penisola italiana, sta riscoprendo antichi sapori e primizie legate alla storia del gusto italiano. In questo contesto la corniola, insieme a moltissimi altri prodotti finiti nel dimenticatoio, sta godendo negli ultimi anni di un’insperata riscoperta. Una riscoperta che però non è ancora compiuta.
Dove si trova
La corniola, nonostante sia ormai un frutto quasi “dimenticato”, è presente in gran parte nel nord Italia, soprattutto nel nord-est. Regioni come Trentino Alto-Adige, Lombardia orientale, Veneto alpino e Friuli vedono ancor oggi una presenza massiccia di piante di corniole. Un’eccezione interessante è rappresentata dalla zona dell’Appennino parmigiano e del piacentino, dove il corniolo è particolarmente diffuso e dove è particolarmente apprezzato il suo utilizzo sotto forma di liquore, il ‘corniolino’.
La corniola non è presente solo in Italia, ma anche in gran parte dell’est Europa, in particolare le zone balcaniche, Ucraina, Polonia, Moldavia, Russia con una massiccia presenza nella regione caucasica in particolare, in Georgia. C’è, inoltre, una massiccia presenza nel Regno Unito e nel nord della Francia.
Aspetti pedoclimatici
La diversità e l’unicità del corniolo, rispetto a qualsiasi altra pianta da frutto, si percepisce in principal modo dai suoi aspetti pedoclimatici. Difficilmente, infatti, si troveranno piante spontanee in zone molto assolate e isolate. Solitamente il corniolo cresce al limitare di torrenti e boschi di latifoglie, fino ad un’altitudine di 1500 s.l.m.. Questa peculiarità fa del corniolo una pianta da frutto unica perché non segue schemi tradizionali classici di coltivazione utilizzati per altre piante da frutto. Infatti, in stagioni particolarmente piovose, dove altre colture soffrono l’eccesso idrico, il corniolo raggiunge i suoi massimi picchi di produttività. Per cui in una coltivazione intensiva in pieno campo, l’esigenza principale e primaria sarà quella di un’elevata disponibilità idrica soprattutto nei mesi estivi, dove il frutto entra nella fase di maturazione. L’altra esigenza del corniolo, non meno importante della precedente, è quella della messa a dimora in un terreno calcareo o alcalino, che, tradotto in termini biologici, significa far corrispondere il substrato del terreno, dove si vuol piantare le cultivar, ad un ph compreso fra 7 e 14. L’esigenza di un substrato calcareo ci spiega in parte la grande diffusione della corniole nelle zone delle Dolomiti, essendo la roccia dolomia una roccia particolarmente alcalina. In parole povere, difficilmente si troveranno piantagioni di mirtilli in suolo accanto a piante di corniole oppure lo stesso corniolo all’interno di un castagneto. Molto più comune, in questo senso e in particolar modo per le Giudicarie Esteriori, trovare cornioli alternati ad alberi di noci.
Varietà e coltivazione
L’aspetto varietale è l’aspetto più complesso di tutta la descrizione sul corniolo, in parte perché, causa la scarsa produttività, non si è mai sviluppato un interesse vero e proprio intorno alle scelte varietali, in parte perché essendo la sua zona di diffusione molto estesa ( dalla Georgia al Regno Unito ) risulta molto complesso isolare alcuni ceppi varietali. In una stessa zona, infatti, si possono trovare infatti incroci varietali molto differenti fra loro. Basti guardare l’esperienza delle Giudicarie Esteriori, tra alcune piante, vicine anche alcune decine di metri, si possono verificare tempi di maturazione molto differenti, distanti anche alcune settimane.
In Italia la situazione riguardo allo sviluppo di particolare varietà e all’accrescimento in vivaio di piante innestate è pari allo zero. Attualmente non esistono vivai specializzati nella pratica dell’innesto di piante di corniole. Al massimo è possibile trovare presso alcuni vivai piante sviluppatesi attraverso seme. Questa ultima pratica, che porta ad avere piante differenti una dall’altr invece di cloni, non può ovviamente dare, in ultima istanza, la possibilità concreta dello sviluppo di appezzamenti colturali di cornioli.
Fortunatamente la situazione europea è leggermente migliore, in particolare nelle zone dell’est europeo e del Regno Unito, dove lo sviluppo varietale viene da alcuni anni eseguito e portato avanti tramite la pratica dell’innesto. Attualmente la situazione varietale è ridotta a poche unità di varietà selezionate, tra cui si ricordano in particolare le varietà Golden Glory e Jolico.
Per quanto riguarda le tecniche colturali vale il discorso fatto in precedenza per l’aspetto varietale. Lo scarso interesse intorno al corniolo ha prodotto di conseguenza anche una scarsa conoscenza riguardo le tecniche colturali. Verosimilmente, a fronte di alcuni tentativi di pratiche colturali, si potrebbero mettere a dimora le piante di corniole attraverso due sistemi: in primis, secondo la messa a dimora del ciliegeto con piante distanti dal 1,5 -2,5 mt sulla fila e 3-3,5 mt nell’interfila, oppure, in secondo luogo, secondo la messa a dimora del noceto con una distanza di 4,5-5 mt sulla fila e di 5-6 mt nell’interfila. Dopo alcune prove, di fatto è consigliabile una distanza di almeno 3 mt sulla fila e di almeno 5,5 mt nell’interfila. Varietà consigliate attualmente sono, come citato sopra, Jolico ma in particolare la Golden Glory. Entrambe si caratterizzano per una precocità elevata, che permette alla pianta di entrare in produzione nei primi 5 anni dopo la messa a dimora, e per una buona dimensione del frutto, che mantiene una proporzione polpa-nocciolo del quasi 70%-30%. La qualità organolettica del frutto è molto elevata.
Esiste, inoltre, un altro aspetto particolarmente interessante da tenere in considerazione riguardo al corniolo: essendo la prima pianta ad entrare in fioritura ( fiore giallo molto ben visibile ), verso la fine di febbraio e gli inizi di marzo, rappresenta il primo nutrimento annuale per le api. Aspetto da tenere in particolare considerazione soprattutto nelle zone montane, dove la bella stagione è per forza di cose molto più breve.
Usi e consumi
La parte più interessante riguardante il discorso sulla corniola è quella riferita ai potenziali utilizzi della corniola. Partendo dal fatto che la corniola di per sé è difficilmente consumabile come prodotto fresco, causa alto grado di acidità e poca conservabilità del frutto in stadio di giusta maturazione, si aprono molte possibilità di utilizzo in riferimento ai prodotti lavorati. Sin dai tempi antichi, la corniola veniva candita col miele o messa in una sorta di salamoia come le olive; anticamente si credeva a ragione alle proprietà benefiche di questo frutto, per cui trovare il modo di conservare la corniola diventava molto importante all’interno dei nuclei famigliari. Andando indietro di tre-quattro generazioni, si scopre di svariati utilizzi delle corniole, soprattutto nelle zone montane. Considerate rigeneranti e soprattutto astringenti, con le corniole si ricavava uno sciroppo con acqua e vino bianco, utilizzato come bevanda dissentante nelle giornate calde, ma anche bevuto a mezzo bicchiere prima di andare a dormire, proprio in virtù delle sue virtù benefiche. L’utilizzo, inoltre, nelle produzione di conserve e confetture, è particolarmente apprezzato per il gusto acidulo che ne risulta. Ai giorni nostri, dove gli alimenti sono saturi di zuccheri riscoprire altri gusti più aciduli e amarognoli ha inoltre una doppia valenza di gusto e salubrità. Altra destinazione gastronomica importante della corniola è quella della produzione di mostarde che in abbinamento a formaggi e carni lesse esalta ancor di più l’unicità di questo frutto. Nelle zone montane, dove la cacciagione è diffusa maggiormente, la mostarda di corniola viene abbinata ai piatti a base di selvaggina.
Un consumo antico delle corniole era quello delle bevande alcoliche. Liquori e grappe venivano spesso speziati con le corniole. Aromatizzati con la polpa acidula del frutto i liquori venivano molto apprezzati soprattutto nelle taverne e nelle locande. Inoltre, le corniole venivano messe a conservare direttamente in contenitori pieni di grappa o distillati. Da qui le cosiddette, corniole “sotto spirito”.
L’utilizzo della corniola in cucina rappresenta forse la parte più interessante di questo frutto. Sotto un punto di vista prettamente gastronomico, le soluzioni e le destinazioni sono molteplici, con potenzialità ancora del tutto inesplorate. La situazione dal punto di vista commerciale è essenzialmente identica, con molte vie percorribili e molto potenziale da sfruttare. Il gusto acidulo del frutto gli dà inoltre un carattere di unicità che lo rende estremamente appetibile sia sotto il profilo culinario sia sotto il profilo gastronomico.
La corniola in Trentino e nelle Giudicarie Esteriori
Come sottolineato precedentemente, la corniola trova in Trentino un habitat adatto al suo sviluppo e alla sua crescita. Molteplici sono le storie e storielle che ci sono tramandate dalle generazioni precedenti che hanno come protagonista diretto o indiretto la corniola. Esistono frazioni e paesini interi, diroccati sulle montagne trentine, dove in ogni orto o giardino si trova la presenza di una pianta di corniole. Molte sono state abbattute, causa perdita di interesse delle nuove generazioni, ma molte sono ancora lì presenti a raccontare un pezzetto di storia passata.
Il Trentino occidentale, in particolare, vede la presenza di un gran numero di piante di corniole. Val di Ledro, val del Chiese ( con una massiccia presenza anche nella Valsabbia e nel bresciano), Busa di Tione, Giudicarie Esteriori, valle dei Laghi, dintorni di Trento sono solo alcune zone dove il corniolo si fa notare continuamente.
La nostra zona, le Giudicarie Esteriori, territorio che si contraddistingue per la differenziazione colturale, presenta tutte le caratteristiche positive, dal microclima particolare dovuto alla posizione intersecata fra il Lago di Garda e il parco Adamello-Brenta, che fanno di questa valle tondeggiante un unicum, riconosciuta nel 2015 come parte integrante della Biosfera Unesco.
Grazie alla sua disponibilità idrica, ai suoi substrati calcarei, al clima fresco, alle sue altitudini che mediano intorno ai 600-700 mt s.l.m. le Giudicarie Esteriori sono da considerarsi fra i territori più favorevoli allo sviluppo e alla crescita di questa coltura.
Paesaggio splendido, le Giudicarie Esteriori hanno al loro interno una grande varietà di colture: il settore zootecnico, che rappresenta quasi il 50% di tutta la produzione di latte trentina, è la principale risorsa agricola; a seguire c’è la coltivazione delle patate, che grazie al lavoro della COPAG, unica cooperativa pataticola del Trentino,ammonta a quasi 40.000 qli l’anno. Di decennale sviluppo sono i meleti e i ciliegeti sparsi un po’ su tutto il territorio, diventati ormai realtà consolidata per parecchie aziende frutticole. Nuovi impulsi invece sono giunti dalla riscoperta della coltura centenaria della noce, che soprattutto nella zona del Bleggio, vede il suo luogo vocativo. La noce Bleggiana che, insieme alla noce di Sorrento, rappresentano le due varietà di noci italiane più conosciute, per le loro proprietà e per la loro storia; noce Bleggiana che sta per completare il suo lavoro di riscoperta grazie all’acquisizione del pregiato marchio Slow Food.
Oltre a queste colture affermata, il territorio giudicariese sta vedendo crescere al suo interno una serie di altre piccole colture di nicchi, dovute agli sforzi di nuove generazioni, entrate nel mondo agricolo, anche a causa della recente crisi finanziaria. Piccoli frutti, produzioni di formaggi vaccini e caprini, vigneti resistenti, erbe officinali, miele rappresentano solo alcune nuove piccole nicchie di sviluppo agricolo che le Giudicarie Esteriori stanno subendo.
In ultima analisi, non è da dimenticare la tradizione secolare delle produzioni di carni e farine. Il settore delle carni e dei salumi trova la sua concretizzazione nel lavoro di alcune aziende, specializzate soprattutto nella produzione di salumi, in primis la Ciuiga del Banale, altro prodotto fregiato del marchio Slow Food. Per quanto riguarda le farine, nuovi impulsi alle coltivazioni sono stati dati dal lavoro congiunto di panettieri e agricoltori, con l’intento di creare prodotti con farine locali che autenticamente rispettino il km 0. In tutto questo, una nuova associazione di valle, denominata DEGES ( Diffusione Enogastronomica Giudicarie Esteriori ) sta cercando di riunire i produttori per metterli in rete e portare questa grande differenziazione enogastronomica verso l’esterno.
La corniola, in tutta questa grande varietà di colture, rappresenta uno dei capostipiti millenari. Presente perfino in epoca palafitticola, come testimoniato dai ritrovamenti nel museo delle palafitte di Fiavè, ha visto il crescere e lo svilupparsi di tutto il territorio circostante. Nonostante il trascorrere del tempo, la sua presenza millenaria è stata solamente scalfita da colture più intensive, richiedendo e esigendo al giorno d’oggi una sua riscoperta.
La diffusione sul nostro territorio è abbastanza casuale. Nonostante ciò, si può capire come la presenza di cornioli derivi essenzialmente dalla presenza di zone boschive. Tracciando una mappatura della corniole esistenti, la parte più consistente si trova nella zona del Banale da San Lorenzo passando per Sclemo e Seo sino a Villa, dove qui la diffusione è massimale. Altro territorio particolarmente ricco è quello del alto Lomaso, in particolare Comano e Lundo. Anche Fiavè, in particolare Favrio, ha al suo interno alcune decine di piante, tra cui un paio secolari. La zona del Bleggio si differenzia un po’ dalle altre, avendo nella zona più bassa, ossia il Bleggio Inferiore, la parte più ricca. Il Bleggio Superiore è forse la zona, in cui la presenza di corniole è meno vistosa, forse anche a causa della larga presenza di noci; tuttavia, la zona non è priva di alcune piante molto antiche. Inoltre, particolarità molto interessante, il Bleggio Superiore ha anche al suo interno un paesino chiamato Cornelle, la cui denominazione deriva appunto dalla corniola, anche se attualmente in quella zona, la presenza ammonta a poche unità.
Perché la corniola?
Perché la corniola? Perché la corniola è prima di tutto storia, centinaia e migliaia di anni sono trascorsi nel nostro territorio, ma le corniole sono ancora li, quasi dall’alba dei tempi. La pazienza e la lentezza del corniolo rappresentano quasi un paradosso nell’agricoltura intensiva e rapida del mondo moderno. Riscoprirne il gusto e le qualità significa riportare alla luce tradizioni e costumi passati, un modo di intrecciare storia e gastronomia senza eguali.
C’è, inoltre, un potenziale economico-finanziario da non sottovalutare: l’Italia, come paese enogastronomico, non conosce la corniola; per questo potenzialmente esistono dei margini di diffusione anche commerciale molto interessanti.


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  • Aida Morandi il

    Articolo interessantissimo e bello.Da bambina ne ho mangiate tante.Voii dove vi trovate? Si possono venire a prendere?


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